Vivere la scuola al di fuori dell’Istituto

Intervista alla prof.ssa Cristiana Di Martino

Cristiana Di Martino, professoressa del nostro indirizzo Socio Sanitario, insegna al biennio diritto ed economia, al triennio diritto e legislazione socio sanitaria. Nata e cresciuta in Calabria, Cristiana vive a Roma dal 2006, anno nel quale ha iniziato i suoi studi presso l’Università Europea di Roma. In questa intervista la prof.ssa Di Martino ci racconta cosa vuol dire per lei coinvolgere gli studenti in attività extra-scolastiche e la bellezza di esperienze nuove che spronano i ragazzi ad appassionarsi al mondo che li circonda.

Professoressa, come si riescono a coinvolgere i ragazzi fuori dall’orario scolastico?

Coinvolgere i ragazzi al di fuori delle mura scolastiche non è semplice, perché in fondo quello che gli chiedi è di sacrificare una parte del loro giorno libero. Probabilmente gioca molto l’affettività, quel legame che si crea con l’alunno: alla fine, quelli che ti danno un riscontro positivo sono quelli fondamentalmente più legati.

Quello che ho notato oggi è che i ragazzi sono molto più disinteressati, anche nel conoscere quello che c’è fuori dalla scuola, quindi non hanno ancora la percezione del fuori e di quanto siano importanti certe esperienze. Però devo dire che il riscontro è molto positivo: iniziano a capire e scoprire, ora che hanno visto quanto possano riempire anche le esperienze esterne alla scuola.

Quindi è importante il rapporto insegnante-alunno o insegnante-classe?

Io credo siano importanti entrambi, vanno bilanciati… Per come la vedo io il rapporto con i ragazzi è un po’ come il rapporto con i figli: io sono mamma e con i figli non puoi essere amica, devi mettere dei paletti, e la stessa cosa è con i ragazzi; sei la loro insegnante non puoi anche essere la loro amica, però comunque li vedi ogni giorno e diventano anche loro un po’ la tua famiglia. Se loro sentono questo legame fatto di ascolto, rispetto e ruoli ben definiti, hai lo stesso riscontro da parte degli studenti. È ovvio che con un’intera classe, soprattutto se numerosa, è difficile, ma se si riesce a creare un equilibrio con i ragazzi singoli si riesce a creare anche con la classe.

I progetti che propone ai ragazzi e alla scuola chi li cerca? Chi li sceglie?

Sono io che vado a cercare nuove sfide, nuovi progetti e nuove esperienze da proporre. Ogni anno ci viene chiesto di presentare dei progetti e io ogni anno faccio le mie valutazioni. Per esempio l’anno scorso abbiamo portato avanti un progetto chiamato Scuola di Libertà dove con i ragazzi tenevamo una corrispondenza con diversi detenuti del carcere di Rebibbia; questa corrispondenza alla fine è culminata con un incontro in classe insieme a un detenuto che ha raccontato loro quanto fossero importanti scuola e istruzione all’interno del carcere. 

Nei progetti che portate avanti con gli studenti avete anche un criterio di “valutazione” della loro esperienza? Tenete conto di come hanno interagito durante queste attività?

Per quanto riguarda me, tutti i progetti che portiamo avanti li faccio valere come educazione civica e l’interesse del ragazzo, la sua idea, hanno un grande valore. È questo il mio modo di valutarli. Ad esempio il fatto di privarsi del tempo libero fuori dall’orario scolastico, il sabato mattina, ed essersi implicati in un’attività da me proposta, è già un voto in educazione civica: lo trovo segno di una grande maturità.